Yuki Ichihashi
Un Canto per la Filanda, 2012
In italiano si dice “Paesaggio”, in inglese “Landscape”, e in giapponese si dice “風景 Fūkei” o”景色 Keshiki”. Fū significa il vento, ideogramma di Kei significa il confine tra l’ombra e la luce oppure la forma che nasce dal contrasto tra luci ed ombre. Inoltre Shiki di “Keshiki” significa colore.
L’anno scorso, sono andata a vedere la mostra di Madeinfilandia 2011. E ho visto tanti lavori interessanti, ma quel luogo è anche un’ambiente meraviglioso. L’edificio principale è un’ex-filanda, ha un soffitto molto alto, è pieno di luce che arriva da grandi finestre. C’è poi un grande campo che era un campo di gelsi, di cui sono rimasti solo un po’ di alberi. Quest’anno ho visto che è diventato un grande tappeto di verde sul quale fioriscono tanti piccoli fiori gialli. C’è anche una piscina e una pista di atterraggio per gli aerei. Durante la mostra dell’anno scorso un aereo volava disegnando cerchi con il fumo sul cielo in un’omaggio all’opera di Dennis Oppenheim. Io ho camminato con gli altri artisti su questa lunga pista guardando il paesaggio circostante, era una giornata molto fredda e c’era il vento forte.
Camminando, passo dopo passo, sulla lunga pista di atterraggio, vedevo che eravamo solo noi, la terra e il cielo. Volevo utilizzare, tradurre, l’intera visione e l’esperienza della cognizione del mondo. Sopratutto mi interessava la percezione dell’ampiezza di quel campo, attraversare con lo sguardo il paesaggio e percepire la materialità dell’aria.
Mi chiedo qual è il confine spaziale, concettuale e formale di un’opera d’arte o di un’immagine, in uno spazio. La mia ricerca è orientata sul rapporto fra spazio espositivo e opera d’arte. Come si relaziona una struttura cognitiva, ad esempio un’immagine, allo spazio circostante. Ho cercato di creare un’opera che fosse in relazione con i fenomeni fisici naturali e la nostra percezione dell’ambiente.
Quando guardo un paesaggio guardo anche i fenomeni atmosferici e la loro esistenza perpetua. Il vento che scorreva sul campo ancora prima che gli alberi fossero stati piantati, o la luce del sole che scaldava la terra dopo il taglio di quelli stessi alberi. Penso che tutte le cose in natura siano collegate, ci sono tante cause alla base di un movimento, sia fisiche che psicologiche: gli spettatori che si muovono cercando il loro punto di vista, seguendo il movimento dei palloncini e i palloncini che si muovono perché c’è il vento.
Spesso penso al paesaggio come a un organismo incompiuto, oppure come a qualcosa che cresce in modo non uniforme. Aggiungendo un elemento nuovo al paesaggio esistente si crea un’unione che annulla (oltrepassa) la distanza temporale, è come una musica; la storia del paesaggio e il nuovo paesaggio diventano una struttura sinfonica.