Paolo Fabiani
Cantastorie, 2010
Stanotte mi sono svegliato, mi sono alzato da letto per andare in bagno, ho aperto la porta e la luce si è accesa da sola, ho chiuso la porta e la luce si è spenta. Appena a letto sono stato assalito da un flash “Non avrò mica pisciato nel frigo?!”
Ero già sotto le coperte. Svogliatamente ho aperto il sipario che mi proteggeva e a tentoni ho cercato di riappropriarmi di ciò che non era più mio.
Il cantastorie, è una delle forme di narrazione più antiche, inizia la storia da un pretesto, un particolare nascosto, una caratteristica di uno spettatore, un naso grosso, da li poi si dipana la storia che a poco a poco, avviluppa nelle sue spire il pubblico attonito.
I bambini sono molto esperti nella costruzione di scenari immaginari, nel riuscire a creare un’astronave che viaggia nello spazio a velocità supersonica … da un tappo di sughero!
Ho l’approccio di un bambino quando, spinto dalla curiosità e dalla voglia di sperimentare cose nuove, curioso di provare, vedere cosa succede mischiando ingredienti apparentemente incompatibili, con una certa dose di rischio, eseguendo esperimenti, fino a che punto il tutto resiste oppure esplode?
Provo libertà a lasciarmi andare, quando quello che ho in testa si concretizza; colgo gli odori, percepisco il clima, faccio un passo avanti, la vita è in continuo mutamento, attimo dopo attimo.
Quando di notte soffro d’insonnia prendo i lassativi, non dormo lo stesso, ma almeno ho qualcosa da fare.